26 novembre 2017

Un integratore utile per gli Over 40: il Coenzima Q10

di Jerry Brainum

Il coenzima Q10 non è considerato una vitamina e neanche un nutriente essenziale dato che il corpo umano può produrlo a partire da due aminoacidi, tirosina e fenilalanina. Il processo richiede la presenza di piridossina, o vitamina B6. Alcuni studi mostrano che, invecchiando, il fegato (in cui il coenzima è sintetizzato) riesce a produrre meno Q10.



Altri studi mostrano che un integratore di Q10 può aiutare a curare malattie legate all’invecchiamento, come il morbo di Parkinson e lo scompenso cardiaco congestizio. Il Q10 protegge contro il Parkinson perché fornisce potenti effetti antiossidanti nel cervello. Una teoria sostiene che la causa della malattia sia un eccesso di ferro accumulato nel cervello, che causa reazioni ossidative. Nella substantia nigra cerebrale, l’area in cui è prodotto il neurotrasmettitore dopamina, le reazioni ossidative in eccesso distruggono selettivamente i neuroni, ma sembra che grandi dosi di Q10 smorzino questa ossidazione fuori controllo, proteggendo le cellule cerebrali coinvolte.

Il Q10 agisce nei mitocondri cellulari favorendo il trasporto degli elettroni; ciò significa che è coinvolto nella sintesi dell’adenosina trifosfato (o ATP), la fonte di energia immediata per tutte le cellule corporee. Tuttavia, dato che servono grandi quantità di ossigeno per produrre l’ATP, è inevitabile che si creino più radicali liberi, sottoprodotti del metabolismo dell’ossigeno formati da elettroni spaiati che tendono a combinarsi con altri elettroni, provocando molti danni. Grazie alla sua azione antiossidante, il Q10 previene i danni dei radicali liberi alle parti sensibili della cellula, compresa la membrana e la parte più interna dei mitocondri. Questo ha implicazioni enormi per la protezione della salute di molte cellule e tessuti.

Si pensa che il Q10 sia utile per la cura dello scompenso cardiaco congestizio grazie al suo ruolo nella produzione di ATP perché la malattia causa un collasso parziale delle cellule del cuore, che non riescono a produrre abbastanza energia da sostenere completamente l’attività cardiaca. Sembra, però, che la somministrazione di integratori di Q10 a malati di cuore potenzi la debole sintesi di ATP nei cuori colpiti dalla malattia.


Un altro uso del Q10 nell’ambito delle malattie cardiovascolari è legato alla diffusione dell’uso di statine per ridurre i lipidi ematici alti: le statine smorzano un enzima che produce il colesterolo nel fegato, ma il meccanismo usato per questo processo è lo stesso che porta alla formazione di Q10, quindi chi assume questi farmaci può sviluppare una carenza del coenzima. Uno dei segnali è la miopatia, o distruzione delle cellule muscolari. Sembra che associare le statine con un integratore di Q10 possa risolvere il problema.

L’uso del Q10 in ogni cellula del corpo ha portato a chiamarlo ubiquinone, perché è ubiquo, cioè si trova ovunque. Il Q10 è concentrato soprattutto nelle ipoproteine a bassa densità (LDL), il principale trasportatore del colesterolo nel sangue. Benché si ritenga che un aumento delle LDL sia un forte fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, in realtà queste proteine sono pericolose solo quando sono ossidate. La funzione del Q10 nelle LDL è prevenirne l’ossidazione.


Tuttavia, quando questo avviene il Q10 è la prima parte delle LDL a essere ossidata, quindi, in questo senso, può essere visto come la prima linea difensiva contro l’ossidazione delle LDL. Inoltre, quando altri antiossidanti alimentari (come le vitamine C ed E) si ossidano, si convertono anch’essi in ossidanti, ma se è presente anche un livello sufficiente di Q10, il coenzima li riconverte in antiossidanti, donando loro un elettrone.

Dal punto di vista atletico, la ricerca sul Q10 ha avuto esiti paradossali, con alcuni studi che hanno mostrato effetti positivi e altri in cui i benefici erano minimi o nulli. Uno dei problemi degli integratori di Q10 è che il corpo ha difficoltà ad assorbirli. Di solito ne assorbe solo il 10% circa e maggiore è la dose assunta, minore è la percentuale di assorbimento. Formule più nuove come l’ubiquinolo, una forma ridotta di ubiquinone, hanno un assorbimento 7 volte maggiore degli integratori standard, ma costano quasi il doppio. Alcuni studi suggeriscono che l’ubiquinolo sia migliore per chi ha più di 40 anni perché, come abbiamo detto, è all’incirca da quell’età che la produzione di Q10 si riduce e, inoltre, l’ubiquinolo è assorbito più facilmente.

Una meta-analisi (cioè un esame di studi già pubblicati) sull’uso ergogenico (o atletico) del Q10 ha scoperto che 6 studi hanno riscontrato dei benefici, mentre 5 non ne hanno trovato alcuno. In un altro studio, soggetti maturi hanno assunto una dose di 300 mg di integratore di Q10 al giorno, per un mese. Biopsie muscolari hanno mostrato che, negli adulti che hanno assunto Q10, l’espressione genetica nei muscoli ha subito alcune variazioni che hanno portato a una conversione delle fibre muscolari a contrazione lenta in fibre a contrazione rapida. Questo è interessante perché le fibre a contrazione rapida forniscono la maggior parte della forza e della massa muscolare.

Con l’età e la carenza di attività fisica, questo tipo di fibre si riduce e le fibre a contrazione lenta, più deboli, prendono il sopravvento. Quindi, favorire le fibre a contrazione rapida aiuterebbe a preservare la forza e la mobilità negli individui maturi.

E chi ha meno di 40 anni? Gli integratori di Q10 offrono anche a loro benefici atletici o muscolari? Un nuovo studio ha esaminato la questione1. A differenza degli studi precedenti sugli effetti ergogenici del Q10, questo ha preso in esame l’attività fisica ad alta intensità: in particolare un gruppo di atleti allenati ha corso lungo la strada montuosa più scoscesa d’Europa. È difficile allenarsi a un’intensità maggiore perché il percorso era lungo 50 km, più di una maratona su 42 km e, in più, in salita! I corridori hanno assunto il Q10 o un placebo. L’obiettivo era vedere se gli integratori di Q10 riducevano il danno muscolare dovuto all’ossidazione e all’infiammazione in eccesso.

Invece di assumerne 1 o 2 dosi più abbondanti, gli atleti ne hanno ingerito una dose ridotta, solo 30 mg, 2 giorni prima della corsa insieme alla cena, 3 capsule con ognuno dei 3 pasti il giorno prima della gara, una il giorno dell’evento e una un’ora prima di sottoporsi a un test fisico. È probabile che le dosi ridotte abbiano migliorato l’assorbimento. Inoltre, anche se lo studio non ne parla, il Q10 va assunto insieme a un pasto ricco di grassi per garantirne l’assorbimento.

I risultati hanno mostrato che il gruppo Q10 aveva livelli inferiori di creatinina, un marcatore del danno muscolare dopo l’attività fisica. Benché il Q10 non abbia modificato molto i lipidi ematici rispetto al placebo, ha aumentato leggermente i trigliceridi; durante l’attività fisica prolungata questo ha effetti ergogenici perché fornisce energia e, inoltre, aiuta a preservare le limitate riserve di glicogeno muscolare.

Sembra che il Q10 abbia anche ridotto notevolmente le reazioni ossidative, prevenendo i danni alle membrane cellulari e questo, a sua volta, riduce l’indolenzimento muscolare dopo l’attività fisica. Inoltre, il Q10 ha smorzato l’attività dell’ossido di azoto (ON) che, durante l’allenamento, aumenta il diametro dei vasi sanguigni e, quindi, il trasporto di sangue e ossigeno verso i muscoli allenati. In grandi quantità, però, l’ON si converte in radicale libero, danneggiando le cellule e, in particolare, il DNA. In questo studio, il Q10 ha protetto contro i danni al DNA indotti da alti livelli di ON.

Un forte stress ossidativo, come quello risultante dall’attività fisica ad alta intensità, induce anche un grande rilascio di citochine infiammatorie, proteine collegate alla funzione immunitaria che, in molti casi, favoriscono l’infiammazione. Sappiamo che l’infiammazione muscolare eccessiva causa la disgregazione dei muscoli, tanto che si ritiene che l’aumento di una delle citochine infiammatorie, il fattore di necrosi tissutale-alfa (TNF-a), sia una delle prime cause della perdita muscolare legata all’invecchiamento. Il TNF-a aumenta con l’infiammazione corporea, che è più comune negli anziani.

Lo studio mostra che il Q10 ha smorzato l’attività delle citochine infiammatorie e, soprattutto, del TNF-a, attenuando il rilascio del fattore nucleare kappa-B, che stimola la secrezione di queste citochine nel corpo.

Quindi, se vi allenate intensamente, un integratore di Q10 può aiutarvi a ridurre il danno muscolare e l’infiammazione, soprattutto se avete più di 40 anni perché è da quell’età che il corpo sintetizza meno Q10. Potete ricavare piccole quantità di Q10 da alimenti come carne, pesce e uova, ma in media la dose proveniente dalla sola dieta è di circa 10 mg al giorno. Per lo sport, ne servono 100-300 mg al giorno in dosi separate, sempre assunte con una fonte di grassi.

Riferimenti:

1 Diaz-Castro, J., et al. (2012). Coenzyme Q10 supplementation ameliorates inflammatory signaling and oxidative stress associated with strenuous exercise. Eur J Nut. In press.

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