28 dicembre 2012

Gli integratori sono necessari?

di Charles Staley


Gli integratori non sono necessari, ma possono essere utili. È una questione complicata perché viviamo in una società che si aspetta di trovare tutte le risposte alla vita in una pillola. Nel mondo del bodybuilding nasce una dozzina di nuovi integratori tutte le settimane. Gran parte di essi sono inutili. Io uso sempre questo esempio: se state guidando sull’autostrada e bucate una gomma, la prima cosa che fate non è pulire il parabrezza! Non che pulire il parabrezza sia una cosa sbagliata, però non risolve il problema principale.


L’integrazione è la stessa cosa. Nella maggior parte dei casi un cliente nuovo, durante il primo colloquio, mi fa domande sull’integrazione, ma quando lo metto in palestra mi rendo conto che non ha idea di come riscaldarsi, di come eseguire i suoi esercizi, di come mangiare correttamente, di come eseguire lo stretching e così via. Solo dopo avere messo a punto questi argomenti - e ci può volere qualche anno - allora possiamo iniziare a parlare degli integratori.


Le quattro categorie seguenti rappresentano secondo me gli integratori più importanti per gli atleti:


1) Integratori di vitamine e di minerali. Per la maggior parte degli atleti, un integratore di vitamine e di minerali è un buon punto di partenza per sviluppare un piano di integrazione. Si possono utilizzare molti prodotti e sono abbondanti anche le teorie per quanto riguarda le proporzioni ottimali degli svariati nutrienti che dovrebbero essere presenti in un multivitaminico. Chiedete a un bravo specialista dell’alimentazione per la prestazione quale sia la formula migliore da usare.


2) Bevande a base di proteina del siero del latte. Le bevande a base di proteina del siero possono essere usate come sostituto di pasto aggiungendo latte, frutta e/o olio di semi di lino per creare il rapporto ottimale di macronutrienti. In questo modo è più facile evitare tutti gli ingredienti lavorati e artificiali così comuni nei sostituti di pasto in commercio. Non cercate però di vivere di sole bevande proteiche. Gli atleti hanno bisogno anche del cibo “reale”!


Alternate nel corso della giornata fra bevande e cibi interi. Altrimenti, la mancanza di fibre alimentari renderà le vostre visite al bagno un flashback del film Seven (spiacente, ho un debole per l’umorismo scatologico!).


3) Oli di semi di lino e di pesce. In qualità di fonte di acidi grassi essenziali, questi oli aiutano ad abbassare i livelli di colesterolo, alimentano il tessuto nervoso e cerebrale, riducono le infiammazioni e regolano i sistemi cardiovascolare, immunitario e digestivo. L’olio di semi di lino e di pesce non contribuiscono all’accumulo di grasso corporeo come altri grassi perché devono essere convertiti metabolicamente affinché diventino un grasso saturo.


Dato che gli acidi grassi presenti negli oli di semi di lino e di pesce sono nutrienti essenziali, sono il punto di partenza, ovvero la “calce e i mattoni” per la produzione di tutti gli altri acidi grassi e i precursori ormonali necessari per costruire la massa muscolare magra, aumentando contemporaneamente la resistenza necessaria per gli sport di durata. Potete assumere l’olio di semi di lino da solo oppure metterlo nelle bevande o nelle insalate, mentre l'olio di pesce è più comodo nella versione in perle gelatinose.


4) Creatina monoidrata. Di tutte le migliaia di sostanze alimentari ergogene (che migliorano l’allenamento) emerse nel corso degli ultimi 20 anni circa, una si è particolarmente distinta: la creatina monoidrata. Sostanza naturale che si trova in tutte le carni, la creatina aumenta in modo significativo la capacità di resistenza a breve termine ed è considerata essere d’aiuto nel processo di sintesi proteica (riparazione muscolare dopo l’allenamento).


La creatina monoidrata è forse l’integratore alimentare più studiato e la gran parte delle prove scientifiche indica marcatamente che la sua assunzione è sicura ed efficace.


Articolo liberamente tratto da "Phisically incorrect" di Charles Staley. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.


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21 dicembre 2012

L'eccesso di vitamina C abbassa i livelli del testosterone?

di Jerry Brainum

La sintesi e il rilascio di testosterone nell’organismo sono controllati da delle sostanze chimiche presenti nel cervello, chiamate gonadotropine. L’ipotalamo del cervello libera il fattore di rilascio dell’ormone luteinizzante (LHRH) che, a sua volta, viaggia nel sistema ematico portale del cervello fino all’ipofisi, dove stimola il rilascio dell’ormone luteinizzante (LH). L’ormone luteinizzante viaggia poi nel sangue fino alle cellule di Leydig dei testicoli, dove promuove la sintesi del testosterone.

Studi recenti mostrano come la fase iniziale della cascata ormonale, il rilascio dell’LHRH, è promosso da una sostanza chiamata ossido nitrico (NO), ricavato dall’aminoacido arginina. L’ossido nitrico è un radicale libero ma, in questo caso, non è una cattiva cosa. I radicali liberi, come quelli prodotti tramite l’ossidazione degli acidi grassi polinsaturi, sono degli elettroni non accoppiati, che causano spesso strage tra le cellule, proprio perché riducono l’integrità delle membrane cellulari. In ogni caso, alcuni radicali liberi controllati, sia quelli che partecipano alla produzione degli ormoni tiroidei che quelli coinvolti nella distruzione dei batteri ad opera dei leucociti, sono chiaramente benefici per la salute. L’ossido nitrico rientra in questa categoria. Dal momento che l’ossido nitrico è un radicale libero, necessario per il rilascio dell’LHRH, cosa accadrebbe se le persone prendessero delle alte dosi di una sostanza che sappiamo capace di annullare le reazioni dei radicali liberi, come la vitamina C?

Ricercatori della Louisiana hanno fatto esattamente questo. Avendo notato che l’acido ascorbico, ovvero la vitamina C, è naturalmente presente in grosse concentrazioni nell’ipotalamo, essi fornirono delle sostanze chimiche in grado di stimolare il fattore di rilascio dell’ormone luteinizzante (LHRH), aumentando anche i livelli di acido ascorbico. Come era prevedibile, l’ulteriore dose di vitamina C non influì sul normale rilascio dell’LHRH, ma ne bloccò la liberazione da parte di altre sostanze.

Questa ricerca mostra come l’organismo abbia bisogno di ossido nitrico per la stimolazione del testosterone – per lo meno a livello cerebrale – e che, mentre la vitamina C può eventualmente inibire il rilascio dell’LHRH da parte di altre sostanze, non ne influirà negativamente una sintesi normale. Una spiegazione a questo è che il cervello controlla strettamente i livelli di vitamina C. In teoria, se dei grossi quantitativi di vitamina C dovessero entrare nel cervello, questo determinerebbe l’inibizione del LHRH, tramite la neutralizzazione dell’ossido nitrico.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 1“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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18 dicembre 2012

Fruttosio e riduzione del grasso corporeo

di Jerry Brainum

Un problema comune a chi consuma carboidrati prima di una sessione di allenamento è che essi inibiscono l’ossidazione dei grassi durante l’esercizio fisico. L’organismo utilizza i carboidrati come fonte d’energia in maniera più efficace di quanto usi i lipidi e, nel caso di un’assunzione di carboidrati, questi ultimi diventano il carburante primario durante un’attività fisica intensa. Anche se i carboidrati possono offrire dei vantaggi sotto il profilo energetico, il loro effetto di smorzare l’ossidazione dei lipidi potrebbe rivelarsi problematico per quelli che cercano di dimagrire.

La domanda che a questo punto si pone è la seguente: “Esiste una fonte alimentare di carboidrati da poter utilizzare durante un allenamento e che sia in grado di mantenere i livelli d’energia necessari, senza andare ad interferire con l’ossidazione dei grassi?” Dei ricercatori coreani ritengono che la risposta possa essere il fruttosio.

Nel corso di un esperimento, un gruppo di calciatori, dell’età media di 16 anni, fecero un pasto identico due ore prima di esercitarsi. Metà dei pasti però conteneva una percentuale di glucosio del 10 per cento, l'altra metà conteneva il 10 per cento di fruttosio. Un altro gruppo ricevette solo dell’acqua. I soggetti iniziarono pedalando ad un’andatura facile, corrispondente al 60 per cento del VO2 massimo, per un periodo di 60 minuti, per poi aumentare l’intensità all’80 per cento e continuando a pedalare fino all’esaurimento.

Tutti i soggetti che avevano assunto fruttosio impiegarono molto più tempo prima di arrivare all’esaurimento delle forze, rispetto a quelli che ricevevano glucosio o acqua. I livelli insulinici dei gruppi a fruttosio e ad acqua inoltre erano gli stessi, a riprova del fatto che il fruttosio non provoca un rilascio di insulina. Il quoziente respiratorio (RQ) era comunque inferiore nel gruppo a fruttosio che nel gruppo a glucosio, e questo indicava come i soggetti del gruppo a fruttosio avessero utilizzato più grassi durante l’esercizio fisico.

Sappiamo che il fruttosio determina un rilascio ritardato dell’insulina. In questo senso, è diverso dal glucosio che provoca un immediato rilascio dell’insulina. Questo è importante, dal momento che degli alti livelli di insulina impediscono l’ossidazione dei lipidi nel corso dell’allenamento. Il fruttosio comunque viene alla fine convertito in glucosio nel fegato, e questo ci spiega perché il fruttosio ha fatto aumentare il tempo necessario per arrivare al limite estremo. La spiegazione sta probabilmente nella combinazione tra livelli stabili di glucosio nel sangue, a causa della lenta conversione del fruttosio in glucosio nel fegato, e un’azione di risparmio per il glicogeno, per poter potenziare un esercizio fisico di intensità maggiore.

D’altra parte, se usato in concentrazioni elevate prima di un allenamento, il fruttosio può causare nausea. Un alto apporto di fruttosio inoltre è associato a livelli più alti dei trigliceridi presenti nel sangue ed alla escrezione di determinati nutrienti, come il rame, un oligominerale essenziale. Tenendo presente questo, il consumo di piccole quantità di fruttosio prima e durante un allenamento (max 5/10 grammi per volta), vi dovrebbe permettere di allenarvi più intensamente, senza provocare picchi glicemici ed  ipoglicemia reattiva, senza impedire l’ossidazione del grasso corporeo e senza provocare le controindicazioni derivanti dalla sua metabolizzazione a livello epatico.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 1“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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14 dicembre 2012

La combinazione carboidrati proteine è meglio del Gatorade

di Jerry Brainum

Nel Journal of Strength and Conditioning Research, troverete uno studio dell’Università del North Texas che ha confrontato l’assunzione di una bevanda di carboidrati e proteine (Endurox R4; 53 g di carboidrati, 14 g di proteine, 1,5 g di grassi, vitamine, minerali e amminoacidi aggiunti) con il Gatorade (21 g di carboidrati, zero proteine, zero grassi) immediatamente dopo l’attività fisica che prevedeva due ore di bicicletta a intensità moderata e poi di nuovo due ore dopo l’allenamento.

I ricercatori hanno scoperto che:

1) nel gruppo carboidrati e proteine il tempo necessario per arrivare all’incapacità era del 55% superiore

2) la quantità di glicogeno muscolare depositata era ben del 128% maggiore.

Ciò può essere stato dovuto in parte ai livelli molto più alti di glucosio ematico e di risposta dell’insulina osservati nel gruppo carboidrati e proteine.

Ora sapete che per recuperare dopo un allenamento intenso avete bisogno di una combinazione di proteine a carboidrati. Le bevande idratanti come il Gatorade vendute sul mercato servono solo ad una cosa: idratare, mentre sono poco efficienti per quanto riguarda la promozione del recupero ed il miglioramento dell’attività fisica.

Bibliografia:

Williams, M.B., et al. (2003). Ef-fects of recovery beverages on glyco-gen restoration and endurance exercise performance. J Strength Cond Res. 17:12-19

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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11 dicembre 2012

Mangiare i grassi fa bruciare i grassi?

di Jerry Brainum

Che succede se mettete un gruppo di atleti ad una dieta ricca di grassi (65% di grassi) e un altro gruppo ad una dieta ricca di carboidrati (70-75% di carboidrati) per 5 giorni? Potreste pensare che 5 giorni non siano sufficienti per vedere dei risultati, anche esagerando con la pancetta, le uova e il grasso di balena. Però il corpo ha una capacità incredibile di adattarsi rapidamente...

I ricercatori della Deakin University di Victoria, Australia, hanno studiato 14 ciclisti e triatleti ben allenati (età media 27 anni, peso medio 74 kg) e li hanno assegnati a due diete diverse. Poi hanno eseguito la biopsia muscolare per vedere se le diete influenzavano alcuni geni a livello delle cellule muscolari. Anche un intervento così breve ha causato degli effetti interessanti.

È stato infatti scoperto che la produzione, o espressione, di alcuni geni, coinvolti nel trasporto degli acidi grassi e nell’ossidazione dei grassi, incrementava dopo aver seguito una dieta ricca di grassi saturi. Ciò mostra che esiste un’interazione tra nutrienti e geni (niente di nuovo) e che potete migliorare la capacità del corpo di usare i grassi semplicemente incrementando l’assunzione di grassi (e diminuendo l’assunzione di carboidrati).

Riassumendo: il corpo può bruciare più grasso se diminuite l’assunzione di carboidrati ed aumentate la quantità di alimenti che contengono grassi, in particolare di grassi saturi animali e non di grassi vegetali idrogenati e trans.

Bibliografia


Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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7 dicembre 2012

Le proteine animali fanno bene alle ossa

di Jerry Brainum

Avrete sentito spesso l’appello dei dietisti e dei nutrizionisti tradizionalisti del sistema predominante: mangiare troppe proteine animali fa male alle ossa, perché induce la perdita di calcio... dicono così o no? Dunque, come molte altre idee bislacche messe in giro dalla dietologia convenzionale, anche questa va decisamente scartata sulla base dei risultati (volutamente tenuti nascosti) della ricerca scientifica.

Due studi, uno pubblicato nel Journal of Bone Mineral Research e l’altro nell’American Journal of Epidemiology, indicano piuttosto chiaramente che mangiare più proteine fa bene alle ossa. Ecco perché.

In uno degli studi, i ricercatori hanno esaminato ben 572 donne e 388 uomini, di età compresa tra i 55 ed i 92 anni, valutando l’associazione fra l’assunzione di proteine animali e la densità ossea nell’arco di quattro anni. I ricercatori hanno scoperto che maggiore era la quantità di proteine assunta, maggiore era la densità ossea nel bacino, nella colonna vertebrale e nello scheletro nel suo complesso. Inoltre (ciò non piacerà ai vegetariani, che in ogni caso dovranno farsene una ragione), i ricercatori hanno scoperto che, sia negli uomini sia nelle donne, maggiore è l’assunzione di proteine vegetali e minore è la densità ossea.

L’altro studio ha scoperto la stessa cosa. Come hanno detto gli autori, “Una minore assunzione proteica è fortemente legata alla perdita ossea nel femore e nella colonna vertebrale dei soggetti analizzati”.

La prossima volta che sentite dire che mangiare tante proteine animali fa male alle ossa, ricordatevi di questo articolo e rispondete per le rime citando le fonti! ;)

Bibliografia:

Hannan, M.T., et al. (2000). Effect of dietary protein on bone loss in elderly men and women: the Framingham Osteoporosis Study. J Bone Miner Res. 15(12) :2504-12.

Promislow, J.H., et al. (2002). Protein consumption and bone mineral density in the elderly: the Rancho Bernardo study Am J Epidemiol. 155(7):636-44.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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4 dicembre 2012

E' ufficiale: la creatina non danneggia i reni!

di Jerry Brainum


Titolo della ricerca: L’integrazione orale a lungo termine di creatina non danneggia la funzione renale negli atleti sani.


Ricercatori: Poortmans JR. e Francaux M.


Fonte: Medicine and Science in Sports and Exercise. 31, pp. 1108-1110, 1999


Riassunto: Sono state avanzate delle ipotesi sugli effetti collaterali dell’uso degli integratori di creatina, eppure non sono state svolte indagini approfondite per sostenere queste ipotesi. Lo scopo di questo studio è stato determinare se effettivamente l’uso della creatina è stato deleterio per i reni degli individui sani.

METODI: è stata misurata la clearance ematica di creatinina, urea e albumina nei consumatori di creatina orale (assunta regolarmente per 10 mesi fino a 5 anni) e nei soggetti di controllo (mai utilizzato la creatina).


RISULTATI: Non ci sono state differenze statistiche fra il gruppo di controllo e il gruppo creatina per quanto riguarda la presenza nel sangue e il ritmo di espulsione con l’urina della creatinina, dell’urea e dell’albumina. Il clearance di queste sostanze non differiva fra i due gruppi. Perciò, il tasso di filtrazione glomerulare, il riassorbimento tubulare e la permeabilità della membrana glomerulare erano normali in entrambi i gruppi. Gli autori hanno concluso che l’assunzione orale di creatina a breve, medio o lungo termine non ha indotto effetti deleteri sui reni degli individui sani.


Discussione: Ogni volta che l’industria degli integratori tira fuori qualcosa di buono (una ricorrenza rara, ad onor del vero, ma che ogni tanto si verifica) ci sono dei bastian contrari subito pronti a dipingere i mali del nuovo prodotto. La creatina non è rimasta immune a questi oppositori del progresso. Aggiungeteci i mormorii di ragazzi che hanno orinato sangue dopo aver fatto il carico di creatina per l’allenamento di football e l’opposizione assume proporzioni imponenti. È stato addirittura pubblicato un caso studio che descriveva i pericoli della creatina sulla funzione renale (Pritchard, 1998). Dopo un esame più approfondito, scoprirete che il soggetto coinvolto (1 solo soggetto coinvolto!!) soffriva di un disturbo renale preesistente da 8 anni. Non solo, il soggetto aveva anche assunto farmaci tossici per i reni negli ultimi 5 anni precedenti lo studio. Non sorprendentemente, questo soggetto ha sperimentato problemi renali dopo 7 settimane di integrazione con la creatina. Probabilmente questo soggetto avrebbe sperimentato problemi renali anche dopo 7 settimane di latte materno!


I soggetti di questo studio invece non soffrivano di problemi renali preesistenti. Nove atleti sono stati scelti per rappresentare l’integrazione con creatina “a lungo termine”. Il gruppo di controllo era formato da ben 85 soggetti. Quelli che hanno assunto la creatina regolarmente lo hanno fatto nel seguente modo. Dosi singole di 1-20 g di creatina sono state assunte 1-4 volte il giorno. La dose giornaliera totale è stata di 1-80 g il giorno assunti 7 giorni la settimana per un periodo da 10 mesi fino a 5 anni. Come avrete letto dal riassunto dello studio sopra citato, l’integrazione con creatina a lungo termine non ha causato nessun tipo di disfunzione renale. Tutti i parametri esaminati da questi ricercatori non hanno mostrato differenze fra il gruppo sperimentale e il gruppo di controllo.


C’è una cosa che posso promettervi, non sentirete parlare di questo studio nei telegiornali perché essi si concentrano soltanto sugli integratori che fanno scalpore nel senso che il loro uso è pericoloso come l'uso di droghe o l’abuso di farmaci. È certo che ci sarà sempre qualcuno, che non conosce veramente gli integratori e la scienza del settore, pronto a dipingere i pericoli degli integratori. Tutto ciò fuorvierà il pubblico rendendo il lavoro dei vari esperti del settore dell’integrazione alimentare molto più difficile perché devono tornare indietro a smentire tutti gli isterismi. Ho paura che tutto ciò si stia trasformando in una specie di farneticamento isterico. Un segnale certo che ho detto abbastanza su questo argomento ;)


Riferimenti Bibliografici


Pritchard NR., Kalra PA. Renal dysfunction accompanying oral creatine supplements. Lancet 351:1252-1253, 1998.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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30 novembre 2012

Dieta ricca di proteine a lungo termine: è pericolosa?

di Jerry Brainum

Una controversia infinita nell’alimentazione sportiva è l’effetto a lungo termine delle diete ricche di proteine. La cosa è particolarmente importante per i bodybuilder e per gli altri atleti di forza e potenza che seguono questo tipo di diete per periodi prolungati. Alcuni scienziati hanno ipotizzato che seguire una dieta ricca di proteine molto a lungo può alla fine creare problemi come l’incapacità renale, l’aumento della pressione ematica e l’osteoporosi ovvero la perdita del calcio dalle ossa. Tuttavia, finora nessuno di questi pericoli creati dalle diete ricche di proteine è stato dimostrato oppure si è manifestato in persone sane, anche dopo molti anni di forte assunzione proteica.

Gli scienziati dell’alimentazione francesi hanno presentato uno studio al meeting dell’Experimental Biology che si è concentrato sugli effetti a lungo termine nelle cavie di una dieta ricca di proteine. Le cavie hanno seguito una dieta composta per il 14% dalle proteine del latte oppure una dieta composta per il 50% dalle proteine del latte, potevano mangiare quanto volevano. Nel corso di un periodo di 6 mesi sono state rilevate molte misurazioni della composizione corporea: calcio, glucosio ematico, insulina, leptina, cortisolo, bilancio azotato e stato ossidativo.

I risultati hanno mostrato che la dieta più ricca di proteine (50%) ha condotto a una riduzione significativa dei depositi di grasso, a una riduzione dei livelli di glucosio e di insulina a digiuno e ad una riduzione dei livelli di leptina e di cortisolo. Tutto ciò indica una riduzione della sintesi del grasso nel corpo. Inoltre, consumare una dieta più ricca di proteine non ha prodotto anormalità nella struttura o nella funzione dei reni o del fegato, né ha aumentato lo stress ossidativo. Il bilancio del calcio non differiva fra le cavie che seguivano una dieta conservativa con il 14% di proteine e quelle che seguivano la dieta ricca di proteine (50%).

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23 novembre 2012

Glutamina per il recupero post allenamento

di Marianne Karinch

La glutamina è classificata come aminoacido non essenziale perché il corpo può sintetizzarla.Tale classificazione è però fuorviante. Ogni singola cellula del corpo usa la glutamina e mantenerne ampie scorte – cruciale per il sistema immunitario e circolatorio, per la crescita muscolare, per ripristinare il glicogeno dopo l’allenamento, per proteggere il cervello dalla tossicità dell’ammoniaca e per molte altre cose – può richiedere certe particolari strategie alimentari. Se non ne avete una quantità sufficiente i muscoli inizieranno ad atrofizzarsi e potete finire perfino con l’ammalarvi. Guardate intorno a voi gli atleti che soccombono alle infezioni dopo una maratona oppure mentre si allenano intensamente per un’importante competizione di crossfit.

L’allenamento strenuo può portare ad una rapida deplezione della glutamina. Dopo una giornata faticosa in palestra o sul campo di gara, le riserve di glutamina possono scendere del 40% o anche oltre, spalancando la porta a quello che la maggior parte dei trainer chiama “superallenamento”. Il corpo ha una necessità talmente disperata di glutamina che quando le riserve si abbassano tenta di sintetizzarla ricavandola da altri aminoacidi contenuti nei muscoli. Ma in questo modo il corpo finisce in uno stato catabolico. Se permettete che tutto ciò accada più di una volta vi ritroverete in superallenamento per settimane di fila.


Sia le proteine animali sia quelle vegetali contengono glutamina perciò gli integratori per il recupero a base di proteine, di qualunque genere esse siano, apportano questo aminoacido. Se scegliete di utilizzare un prodotto per il recupero a base di carboidrati, come fanno molti atleti impegnati in discipline di endurance o ad alta intensità, abbinate anche un prodotto a base di glutamina con BCAA glucogenetici.

L’argomento finale, ovviamente, riguarda le dosi. Quasi tutta la glutamina ingerita finisce direttamente nelle pareti intestinali come fonte energetica a livello intestinale e per produrre certe sostanze richieste dal corpo. La glutamina infatti aumenta il numero di linfociti e di macrofagi (cellule immunitarie). Consapevoli di questo, le aziende di integratori possono vendere prodotti con quello che appare come un dosaggio elevato; oppure potete trovarvi aggiunta una sostanza chiamata colina lisofosfatidile (LPC) (Stryer 1995). La LPC aumenta la capacità delle pareti intestinali di assimilare le sostanze nutritive quali gli aminoacidi e di immetterle nel torrente ematico. Stesso effetto di massima assimilazione lo si ottiene con la nuova glutamina in forma peptidica, che tra l’altro ha il vantaggio di essere più economica.

Potreste assumere la glutamina tanto prima quanto dopo l’allenamento, ma è particolarmente utile dopo. La quantità solitamente consigliata è di  2-3 g subito dopo l’allenamento, seguita da 2-3 grammi un’ora dopo l’allenamento e 5 grammi prima di dormire.

Se siete atleti che si allenano intensamente per migliorare la prestazione, concentratevi sugli integratori per il recupero post allenamento piuttosto che su qualcos’altro. Se non contrastate la deplezione di glicogeno, il catabolismo muscolare, la perdita di liquidi e gli squilibri di sali minerali indotti dall’allenamento intenso, tutto quello che vi impegnerete a fare si tradurrà solamente in un danno per il vostro corpo. Potreste finire con l’essere un rottame più predisposto alle malattie ed agli infortuni di molti amici sedentari. Se investirete saggiamente negli integratori per il recupero abbinandoli ad una dieta equilibrata vedrete andare alle stelle la vostra performance ed avvertirete subito i vantaggi.

Articolo liberamente tratto da “Diete progettate per gli atleti” di Marianne Karinch. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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13 novembre 2012

Verità e bugie sugli integratori: l'HMB

di Bryan Haycock

L’HMB è uno di quegli integratori che si amano o si odiano. Il motivo risiede in gran parte nel modo in cui è stato introdotto alla comunità del bodybuilding. Un certo editore ha cercato di farlo comprare alla gente dicendo cose tipo “Preparatevi a crescere, ALLA GRANDE!” oppure “ha effetti simili agli anabolizzanti”. Non posso dire chi è il responsabile, però posso dire che questo individuo ha fatto per l’HMB quello che i media hanno fatto per “Water World” e “Guerre Stellari, Episodio I”:  quando una cosa è troppo pompata, una volta messa alla prova non potrà mai soddisfare le aspettative.  Questo è esattamente quello che è successo con l’HMB.


L’HMB non è esattamente un nutriente a se stante. L’HMB è un metabolita dell’amminoacido leucina. Dopo l’assunzione di una fonte proteica contenente leucina, questa può essere disgregata prima in chetoisocaproato e poi in HMB all’interno del tessuto muscolare. Il corpo produce 0,2-0,4 g circa di HMB al giorno, a seconda dell’assunzione proteica, o più precisamente di leucina, giornaliera totale. I ricercatori pensano che l’HMB produca un qualche segnale che impedisce il catabolismo proteico.

L’HMB non è anabolizzante.

L’aumento della concentrazione di HMB nel muscolo indica che le proteine sono abbondanti e che non c’è bisogno di disgregare ulteriormente le proteine del muscolo per soddisfare i fabbisogni del corpo. I pensatori acuti potrebbero dire, “che succede se mangio semplicemente più proteine o magari soltanto leucina?”. Mangiando semplicemente più proteine ottenete effettivamente lo stesso effetto. Anche se i dietologi tradizionali dicono diversamente, la ricerca mostra chiaramente che lo stato anabolico o catabolico del tessuto muscolare è legato direttamente all’apporto di amminoacidi. L’uso della leucina integrativa produce, almeno in parte, un effetto anticatabolico, probabilmente attraverso la produzione di HMB. Il punto è che la quantità di proteine e leucina che occorrerebbe assumere per ottenere lo stesso effetto è davvero molto alta.

Cosa dire della ricerca? Dunque, il fatto è che la gran parte della ricerca svolta sull’HMB è collegata al dott. Steve Nissen, Iowa State University, alla MTI (che detiene il brevetto), ed alla EAS. Ciò solleva la questione della credibilità. Tutti quelli che hanno svolto ricerche che hanno dato risultati positivi sembrano avere qualcosa da guadagnarci...

Inizialmente l’HMB è stato usato per aumentare la qualità e la quantità della carne prodotta nella zootecnia. I risultati sono stati una riduzione del grasso sottocutaneo, un incremento del grasso intramuscolare e un incremento del tessuto muscolare. Sono stati svolti molti altri studi sugli animali che hanno mostrato di tutto, dall’aumento dell’ossidazione dei grassi da parte del tessuto muscolare all’aumento della crescita nei cuccioli. Cosa si può dire della ricerca sull’uomo? Scoprirete che tutta la ricerca è in qualche modo collegata alle persone che detengono il brevetto ed hanno interessi finanziari nei risultati.

Ciò nonostante, per essere obiettivi è necessario valutare la ricerca, non le persone che la fanno. Conosco un solo studio che è stato diffuso ampiamente. In questo studio svolto da Nissen (ovviamente), è stato scoperto che 3 g il giorno di HMB incrementavano i guadagni di forza e massa muscolare nel corso di un periodo di 3 settimane di allenamento pesante con i pesi. Si può criticare questo studio in mille modi. Io però vorrei assumere un approccio diverso, alla luce di tutte le altre ricerche biochimiche che sostengono il ruolo dell’HMB nel metabolismo delle proteine muscolari e dei grassi.

La cosa più importante che voglio farvi capire dell’HMB è che funziona soltanto durante periodi di bilancio azotato negativo indotto dall’allenamento. In altre parole, per quanto riguarda i livelli di 3-metilistidina (un indice della disgregazione proteica muscolare), l’HMB produce l’effetto più forte durante le prime 2-3 settimane di un programma di sollevamento pesi a cui non si è abituati. Questo significa che molto probabilmente l’integrazione non produrrà nessun risultato se vi trovate in uno stato di omeostasi. Sapete di trovarvi in omeostasi se ci sono le seguenti condizioni:

1) non state aumentando la forza;

2) il peso corporeo e la composizione corporea sono rimasti stabili da almeno 3 settimane

3) i muscoli non stanno crescendo

4) generalmente dopo gli allenamenti non siete doloranti.

Questa è la descrizione di circa l’80% delle persone che fanno sollevamento pesi! Se il vostro programma attuale non sta funzionando, l’HMB non vi aiuterà. Se, invece, avete periodizzato correttamente l’allenamento e state incrementando costantemente i carichi e/o la frequenza, l’HMB può dare benefici significativi.

Visto che l’HMB funziona soltanto quando il corpo si sforza di adattarsi a un nuovo stress (per esempio, carichi più pesanti sollevati più spesso), la finestra della sua efficacia è generalmente limitata a 2-3 settimane. Ciò significa che quello che dovreste sperare di guadagnare, o più precisamente “proteggere” dal catabolismo, sono 1-1,5 kg circa. Le persone che cercano di ottenere gli effetti degli steroidi non li troveranno nell’HMB. Per gli atleti che cercano di diventare più grossi possibile senza scendere a sporchi compromessi con l'uso dei farmaci l’HMB, quando usato correttamente, può essere di grande aiuto.

Bibliografia:

1 Van Koevering, M. and S. Nissen. 1992. Oxidation of leucine and alpha-ketoisocaproate to ß-hydroxy ß-methyl butyrate in vivo. Am. J. Physiol.(Endocrinol. Metab.) 262: 27-31

2 Zhang, Z., V. Talleyrand, J. Rathmacher and S. Nissen. 1993. Change in plasma ß-hydroxy ß-methyl butyrate (HMB) by feeding leucine, alphaketoisocaproate (KIC) and isovaleric acid (IVA) to pigs. FASEB J., 7:A392

3 Van Koevering M. T., H. G. Dolezal, D. R. Gill, F. N. Owens, C. A. Strasia, D. S. Buchanan, R. Lake and S. Nissen. 1994. Effects of ß-hydroxy ßmethylbutyrate on performance and carcass quality of feedlot steers. J. Anim. Sci. 72:1927-1935

4 Cheng, W., B. Phillips, and N. Abumrad. 1997. ß-hydroxy ß-methyl butyrate increases fatty acid oxidation by muscle cells. FASEB J. 11.3:A381

5 Ostaszewski, P., I. Papet, S. Nissen, F. Glomot, J. Grizard, and M. Amal. 1994. Dietary supplementation of ß-hydroxy-ß-methyl butyrate improves catch-up growth in underfed lambs. Ann. Zootech 43:308

6 Nissen, S., R. Sharp, M. Ray, J. A. Rathmacher, D. Rice, J. C. Fuller, Jr., A. S. Connelly, and N. Abumrad. 1996. The effect of the leucine metabolite ß-hydroxy- ß-methyl butyrate on muscle metabolism during resistance-exercise training. J. Appl. Physiol 81: 2095-2104

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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9 novembre 2012

Verità e bugie sugli integratori: lo ZMA

di Bryan Haycock

Negli ultimi anni c’è stato un interesse crescente per lo zinco come integratore in combinazione con il magnesio. Molte aziende hanno immesso sul mercato la loro linea di integratori di zinco e di magnesio e molte altre si stanno adoperando per fare la stessa cosa. Lo zinco è un metallo blu-bianco ed è un elemento indispensabile dell’alimentazione umana. Lo zinco è presente in tutti gli organi e i tessuti del corpo umano. Lo zinco è presente anche in concentrazioni minori nei fluidi corporei. La maggior parte dello zinco è depositato nelle ossa, nel fegato, nei reni, nei muscoli e nella pelle.

Per quanto riguarda la dieta, lo zinco è presente soprattutto nella carne e nei frutti di mare: proprio come lo zinco è presente in alte concentrazioni nei vostri muscoli, è presente in alte concentrazioni anche nei muscoli degli animali che mangiate. Lo zinco forma dei complessi con gli amminoacidi, le proteine intere e gli acidi nucleici. Forse avete letto che altri nutrienti interferiscono con l’assorbimento dello zinco. Ciò è particolarmente vero per i vegetali che contengono fitati (inositolo esafosfato) come i legumi. Il fitato è una molecola di fosfati che interagisce con lo zinco e il calcio in un modo che impedisce l’assorbimento dello zinco. Altri alimenti come gli spinaci, la bietola, le uova di pesce, il cioccolato, il tè e altri, hanno mostrato tutti di inibire l’assorbimento di zinco. È importante ricordare che anche se in laboratorio questi alimenti hanno interferito con l’assorbimento dello zinco, nel mondo reale il corpo compensa la minore disponibilità dello zinco in questi alimenti aumentando la sua capacità di assorbire lo zinco dagli altri alimenti.

Lo zinco è presente in praticamente tutte le cellule del corpo. La sua concentrazione nelle cellule è superiore a quella di tutti gli altri oligominerali combinati. Biologicamente, lo zinco è essenziale per molte, molte funzioni diverse. Queste funzioni sono divisibili in tre categorie fondamentali: catalitiche, strutturali e regolatrici.

1) Cataliticamente, lo zinco fa parte di più sistemi enzimatici di tutti gli altri oligominerali messi insieme. Lo zinco ricopre un ruolo in tutte le categorie enzimatiche che comprendono oltre 200 enzimi diversi.

2) Strutturalmente, la dimensione ridotta e la forte carica dello zinco lo rendono una parte necessaria di molte strutture enzimatiche diverse.

3) Dal punto di vista della regolazione, uno degli aspetti più importanti per i bodybuilder potrebbe essere il ruolo dello zinco nella trascrizione. Lo zinco sembra interagire con i recettori del nucleo come il recettore degli androgeni e formare gli zinc finger che permettono al recettore di legarsi alla sequenza promotrice di geni specifici. Il termine "zinc finger" è usato per indicare la forma delle proteine recettore, che somiglia a un dito e la presenza dello zinco legato al recettore. Per esempio, se non fosse presente abbastanza zinco, il testosterone non riuscirebbe a modificare l’espressione genica e perciò non produrrebbe nessun effetto anabolizzante nelle cellule muscolari.

Gli effetti della deficienza di zinco vanno oltre la semplice assenza di crescita muscolare. La deficienza di zinco ha mostrato di ridurre le concentrazioni di ormone luteinizzante e testosterone circolanti, di modificare il metabolismo epatico degli steroidi e di modificare i livelli dei recettori degli ormoni sessuali steroidei. Ovviamente tutto ciò produce disfunzioni sessuali e patogenesi in tutti gli ambiti secondo l’azione del testosterone. Vedete quindi che come parte integrante di un grosso gruppo di metallo enzimi e come parte strutturale degli enzimi e delle proteine nucleari coinvolte nella trascrizione, lo zinco ricopre un importante ruolo regolante nel corpo.

Molti studi che hanno esaminato l’equilibrio dei minerali negli atleti, hanno riscontrato grosse perdite di zinco. L’allenamento cronico combinato con diete restrittive, riduce ulteriormente i livelli di zinco ematico. L’assunzione inadeguata di zinco è stata collegata alla riduzione del testosterone ematico. Potrebbe essere un meccanismo della sindrome da superallenamento.

Recentemente è stato eseguito uno studio che ha esaminato i giocatori di football e l’integrazione con lo zinco, anche se era coinvolta un’azienda interessata alla commercializzazione di un integratore di zinco, i risultati vanno presi in considerazione attentamente. I giocatori di una squadra di football universitaria hanno svolto gli esami del sangue prima e dopo un periodo di 8 settimane di allenamento intenso. Per 8 settimane i soggetti hanno ricevuto un integratore di ZMA o un placebo. Il gruppo ZMA ha assunto 3 capsule per notte che contenevano un totale di 30 mg di Zn sotto forma di monometionina/ aspartato, 450 mg di Mg sotto forma di aspartato e 10 mg di vitamina b6. Nel gruppo ZMA, i livelli ematici di Zn e Mg sono aumentati rispettivamente del 29,1% e del 6,2%, mentre nel gruppo placebo i livelli sono diminuiti rispettivamente del 4,4% e del 9,2%. Nel gruppo ZMA i livelli ematici di testosterone libero e totale sono aumentati rispettivamente del 32,4% (da 567,9 a 752,7 ng/dL) e del 33,5% (da 132,1 a 176,3 pg/mL), invece, nel gruppo placebo sono diminuiti rispettivamente del 10,5% (da 588,8 a 526,8 ng/dL) e del 10,2% (da 141,0 a 126,6 pg/mL). Nel gruppo ZMA i livelli ematici di IGF-1 sono aumentati del 3,6% mentre nel gruppo placebo sono diminuiti del 21,5%.

È stata misurata la forza massima del quadricipite della gamba destra a 180° per secondo (forza) e a 300° per secondo (potenza funzionale). La variazione della forza a 180° per secondo del gruppo ZMA è stata un +11,6%, quella del gruppo placebo un +4,6%; la variazione del gruppo ZMA a 300° per secondo è stata +18,2%, mentre quella del gruppo placebo è stata +9,4%. I risultati sopraddetti devono assolutamente essere confermati da altri ricercatori indipendenti non coinvolti nell’industria degli integratori. Ciò nonostante, questi risultati sono interessanti e promettenti. Ricordatevi che in questo studio i livelli di testosterone sono rimasti ben entro il range normale degli adulti sani (300-1.000 ng/dL). Questo ci dice come applicare correttamente lo zinco nella nostra strategia integrativa.

Se non vi state allenando abbastanza duramente da provocare il superallenamento, l’integrazione con lo zinco non vi servirà a niente. In altre parole, integrare con lo zinco e/o il magnesio come nello studio sopraddetto, migliorerà i guadagni prevenendo una deficienza. Non migliorerà la prestazione oltre i limiti normali, le impedirà soltanto di ridursi come farebbe altrimenti a causa dell’intensità e della frequenza dell’allenamento. Non fraintendetemi, si tratta di una cosa positiva. Il mio problema è con le persone che non sanno prima di tutto come allenarsi, poi acquistano un integratore aspettandosi di cominciare a mettere su massa muscolare. Queste persone o non sanno cosa bisogna fare per far crescere naturalmente i muscoli oppure sono semplicemente preda delle strategie di vendita.

Fondamentalmente, se non riuscite a mettere su 2 kg di massa muscolare in diciamo… 3-4 mesi senza integratori, nessun integratore al mondo potrà aiutarvi. Gli integratori non ormonali permetteranno soltanto al corpo di funzionare normalmente in situazioni in cui altrimenti cederebbe e mostrerebbe sintomi di superallenamento. Queste stesse situazioni sono necessarie per qualsiasi sollevatore di pesi esperto per continuare a guadagnare massa muscolare. Sono molte le cose da dire sul ruolo biologico dello zinco nel corpo, troppe per un articolo come questo. È sufficiente dire che quelli che sanno come allenarsi, e si allenano duramente, trarranno i benefici maggiori dell’integrazione con lo ZMA.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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6 novembre 2012

Il citrus aurantium: che cos'è e a cosa serve



di Stephen Adelè

Il citrus aurantium, più comunemente chiamato arancia amara, è usato da migliaia di anni nella medicina tradizionale cinese per migliorare la salute generale del corpo. Tutto ciò fino a poco tempo fa, quando la scienza ha scoperto dei composti (tra i quali il più conosciuto è la sinefrina), derivanti da questo piccolo frutto, che hanno dimostrato avere capacità termogeniche (cioè, di combustione dei grassi) di straordinaria efficacia. La sinefrina è oggi molto conosciuta come il “cugino tranquillo” dell’efedra, perché, come quest’ultima, aumenta la velocità metabolica dell’organismo o la sua capacità di bruciare grassi, senza produrre gli effetti collaterali negativi sul sistema nervoso centrale e sul sistema cardiovascolare che hanno portato al suo divieto di vendita.

Come funziona

Il citrus aurantium lavora tramite la sua componente attiva, la sinefrina, che è una sostanza simile all’anfetamina presente in molti prodotti per il miglioramento della prestazione e per la perdita di peso. La sinefrina riduce l’appetito ed aumenta il metabolismo (cioè, la velocità con cui l’organismo brucia le calorie), stimolando così la perdita di grasso corporeo. Ma a differenza dell’efedra, con il citrus aurantium avrai minimi, se non nessun, effetti collaterali, perché questa pianta contiene delle sostanze chiamate amine (come la tiramina e l’octopamina), che non sono lipofile, cioè non superano la barriera ematoencefalica così facilmente come l’efedra, e che riducono la stimolazione del sistema nervoso centrale e gli effetti sul sistema cardiovascolare. In altre parole, il citrus aurantium non provoca stimolazione nervosa (cioè, tremito), non aumenta il battito cardiaco e non causa insonnia ed agitazione.

Che cosa dice la scienza al riguardo?

Secondo una recente ricerca svolta presso la McGill University, un’altra ragione per cui il citrus aurantium provoca un tranquillo aumento di energia senza, cioè, dare tremito, è che va a stimolare certi recettori (chiamati recettori adrenergici beta-3) che aiutano a bruciare grasso, un processo conosciuto come lipolisi. Contemporaneamente, questa stimolazione provoca l’aumento del ritmo metabolico; quindi, è possibile bruciare grasso senza andare a stimolare altri recettori (in particolare, i recettori beta-1 e 2 o gli alfa-1), che sovralimentano il ritmo cardiaco e la pressione sanguigna. Per questa ragione, la sinefrina è attualmente utilizzata come sostitutivo di altri stimolanti del sistema nervoso centrale, come l’efedra, nella composizione di molti prodotti termogeni.

Modalità d’uso

Gli studi effettuati indicano che per essere efficace è necessario assumere da 4 a 20 mg di sinefrina al giorno, ottenuti generalmente dall’assunzione di 200-600 mg di un estratto di Citrus aurantium standardizzato al 3-6%.


Articolo tratto da Maximum Growth di Stephen Adelè. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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2 novembre 2012

Le straordinarie proprietà della Yerba Mate

di Stephen Adelè

La Yerba Mate è una pianta perenne appartenente alla famiglia dell’agrifoglio, riconoscibile per le sue foglie dure. Cresce spontanea nelle foreste pluviali dell’Argentina, del Cile, del Perù, del Brasile e del Paraguay, dove viene coltivata. Tutti, prima o poi, hanno risentito degli effetti di quantità eccessive di caffeina sul sistema nervoso. La Yerba Mate, invece, stimola il cervello senza rendere nervosi. Inoltre, è stato provato che migliora l’umore e aumenta la concentrazione, riduce l’ansia, previene la stanchezza mentale e prolunga gli effetti della termogenesi (cioè, della combustione dei grassi) … oltre ad una moltitudine di altri effetti benefici interessanti.

Come funziona

La Yerba Mate contiene 196 composti che si attivano una volta inseriti nell’organismo, tra cui le vitamine del gruppo B, le vitamine A, C ed E, ma anche minerali quali il calcio, il magnesio, il ferro, il potassio ed il selenio. Inoltre, il mate contiene 11 polifenoli, che sono dei potenti antiossidanti, ma la sostanza decisamente più importante è la mateina, che è un alcaloide della xantina. Probabilmente avrai già sentito parlare di altre xantine, come la caffeina, la teofillina e la teobromina. La mateina possiede la migliore combinazione delle proprietà della xantina. Infatti, come altre di queste sostanze, la mateina stimola il sistema nervoso centrale, ma a differenza di altri stimolanti, non dà dipendenza, né produce effetti collaterali indesiderati, come insonnia o nervosismo. In realtà, si comporta come tonico per il sistema nervoso centrale, rilassando il corpo e la mente, ma lasciandoti, allo stesso tempo, pronto e attivo.

Il risultato della combinazione di tutte queste sostanze contenute nel mate è, quindi, il sostanziale aumento dei livelli di energia e di combustione dei grassi. Questa pianta aiuta a produrre energia a lungo termine, mantenendo la produzione di energia con ossigeno per periodi di tempo maggiori, il che fa bruciare più calorie, aumenta l’efficienza cardiaca e ritarda l’accumulo di sostanze nocive, dovuto, per esempio, ad un intenso allenamento con i pesi, come l’acido lattico, prodotte tramite la glicolisi anaerobica (cioè, la produzione di energia senza ossigeno). Un parametro che mostra che il mate sta lavorando è la diminuzione di quello che viene chiamato il “quoziente respiratorio” (Qr), che indica un aumento della quantità di grassi ossidati o bruciati nell’organismo.

Che cosa dice la scienza al riguardo?

Notizia fresca fresca: il dott. Torben Andersen ha condotto uno studio presso il Charlottenlund Medical Centre in Danimarca con 44 pazienti sovrappeso e in salute, usando una combinazione di guaranà ed altre due erbe: Yerba Maté e Damiana. I risultati sono stati molto positivi: i soggetti che hanno assunto il mix di erbe per 45 giorni hanno perso in media 5 kg. Confrontando questi dati con quelli del gruppo placebo notiamo una notevole differenza; infatti, i soggetti di questo secondo gruppo hanno perso in media soltanto 450 gr. Da notare inoltre, che il mix di erbe ha ritardato lo svuotamento gastrico di 20 minuti, il che si traduce in una prolungata sensazione di sazietà dopo un pasto.

Modalità d’uso

Gli studi effettuati indicano che per beneficiare pienamente delle proprietà della Yerba Mate è necessario assumere da 500 a 1500 mg, distribuiti regolarmente in due o tre somministrazioni giornaliere, prima dei pasti e/o dell’allenamento.

Attenzione: secondo una recente teoria, sembra che il mate sia più efficace per la perdita di grasso se assunto appena alzati, come prima cosa la mattina, specialmente prima di fare attività cardiovascolare.


Articolo tratto da Maximum Growth di Stephen Adelè. Pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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30 ottobre 2012

Creatina e performance del cervello

di Jerry Brainum

Probabilmente la creatina è l’integratore per il bodybuilding più popolare sul mercato perché se correttamente assunta funziona praticamente a tutti. Nel muscolo, la creatina agisce da riserva per rendere certa la continuazione della sintesi di adenosina trifosfato (ATP), la fonte energetica immediata per la contrazione muscolare. Vista la sua funzione nella produzione energetica è comprensibile che la creatina possa aiutare altre strutture nel corpo, oltre al muscolo, che hanno bisogno di usare molta energia.

Un buon esempio di succhiatore di energia è il cervello. Uno studio pubblicato qualche anno fa ha scoperto che usare un integratore di creatina monoidrata orale aumenta la quantità di creatina presente nel cervello. La domanda è: questo aumento della creatina alimentato dagli integratori aiuta la funzione cerebrale? La ricerca indica una nuova terapia emergente che usa la creatina per curare varie malattie neuromuscolari, alcune delle quali coinvolgono l’attività cerebrale. Ma è anche un nutriente che aiuta le persone con un’intelligenza normale a usare meglio il cervello, in parole povere, la creatina è un “nutriente intelligente”?

Uno studio pubblicato da poco offre un’indicazione stimolante sulla capacità della creatina di aiutare la funzione cerebrale nelle persone normali. Lo studio è stato eseguito su 19 uomini e 5 donne, età media 24 anni, che hanno assunto o un placebo o 8 g al giorno di creatina monoidrata per 5 giorni. Lo studio era a doppio cieco con controllo placebo, che significa che inizialmente né i ricercatori né i soggetti sapevano chi stava assumendo la creatina. I soggetti hanno eseguito più volte un semplice calcolo matematico. Quelli che hanno assunto la creatina hanno eseguito il calcolo in modo più efficiente e con meno affaticamento mentale rispetto a quelli del gruppo placebo. Inoltre, i soggetti del gruppo creatina hanno mostrato un maggiore trasporto dell’ossigeno al cervello e ciò può essere stato il motivo dell’aumento della funzione mentale.

Molti farmaci cosiddetti “intelligenti” sono considerati funzionare aumentando la circolazione del sangue nel cervello e creando un migliore trasporto dell’ossigeno ai neuroni al lavoro nel cervello.

Secondo uno studio sugli animali, la creatina può anche aiutare a prevenire una delle più temibili malattie cerebrali: l’Alzheimer. Lo studio ha mostrato che la creatina nel cervello preveniva gli effetti tossici sia del beta-amiloide, una proteina prodotta in eccesso nel morbo di Alzheimer, sia del glutammato, un amminoacido a volte collegato al danno cerebrale. In questo caso la creatina può agire come un tampone energetico per mantenere la normale funzione cellulare nel cervello.

Un altro studio, più aneddotico, suggerisce che la creatina può aiutare la cura del virus dell’herpes e di altre infezioni virali. Nell’articolo, un medico militare che ha curato i Marines di Camp Pendleton in California descrive la sua esperienza di cura dei Marines affetti da herpes. Mentre curava i soldati con le cure standard, come l’aciclovir, che non uccide il virus ma impedisce la sua proliferazione, notò che i Marines che usavano la creatina come integratore alimentare dicevano tutti che il loro herpes era sparito.

Le cure attuali non distruggono il virus dell’herpes ma inibiscono soltanto la sua replicazione. Fra gli attacchi, il virus dell’herpes si nasconde nei neuroni e ciò spiega perché il forte stress spesso può tradursi nella comparsa dell’herpes. Una versione sintetica della creatina detta ciclocreatina è nota per inibire la replicazione di tutti i tipi di herpes virali. Alcuni teorizzano che usare la creatina con i farmaci standard per l’herpes, come l’aciclovir, possa aumentare l’efficacia dei farmaci per la cura dell’infezione.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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26 ottobre 2012

La glutammina è un aiuto ergogeno?

di Jerry Brainum

Alcuni dei benefici che la glutammina offre ai bodybuilder ed agli atleti di forza e potenza comprendono la massimizzazione della risposta immunitaria, la facilitazione della sintesi proteica muscolare attraverso un effetto di idratazione cellulare e la facilitazione del ripristino delle riserve muscolari di glicogeno esaurite attraverso l’attività fisica ad alta intensità. Uno studio ha mostrato che la glutammina può favorire anche una marcata risposta di rilascio di ormone della crescita, soprattutto se assunta prima di coricarsi.

Il meccanismo per tutto ciò necessita di cambiamenti nell’equilibrio acido/basico del corpo. La maggiore acidità che si verifica durante l’attività anaerobica ad alta intensità, come i tipici allenamenti del bodybuilding, modifica l’attività degli enzimi muscolari coinvolti nella produzione energetica. Questa maggiore acidità muscolare è percepita come una sensazione di bruciore che di solito si verifica alla fine di una serie svolta utilizzando il sistema anaerobico lattacido; la sensazione di bruciore, derivante da una produzione di acido lattico superiore alla capacità di smaltimento dello stesso da parte del corpo, annuncia  la fine della serie. Dato che la glutammina può avere un’attività di tamponamento dell’acidità, qualcuno ha pensato che durante l’attività fisica anaerobica lattacida la glutammina possa produrre degli effetti ergogeni di incremento del lavoro prodotto.

Questa teoria è stata messa alla prova in uno studio recente che ha coinvolto 6 sollevatori di pesi. Un’ora prima dell’allenamento i soggetti hanno ingerito o la glutammina o un altro amminoacido, la glicina, con una dose di 0,3 mg per chilogrammo di peso corporeo. Alcuni dei soggetti invece hanno bevuto un placebo. La dose di glutammina era in media pari a 23 g. Poi i soggetti hanno fatto 2 serie di leg press fino all’incapacità totale, seguite da 2 serie di distensione su panca fino all’incapacità totale.

I risultati non hanno mostrato differenze nel numero di ripetizioni fatte dai tre diversi gruppi. Cosa interessante, anche se gli autori dello studio stavano lavorando sulla premessa che la glutammina possa dare dei benefici ergogeni attraverso la riduzione dei livelli di acidità muscolare indotti dall’attività fisica, poi non hanno misurato questi livelli nei soggetti del test. Dato che la glutammina non ha avuto effetti evidenti sull’aumento del lavoro prodotto, hanno pensato che i risultati parlassero da soli.

Nonostante la mancanza di effetti a breve termine della glutammina mostrata da questo studio, gli autori indicano che questi risultati non vanno ad inficiare i possibili benefici della glutammina per gli atleti che svolgono un’attività fisica regolare. Gli autori dicono che tutti gli altri effetti dimostrati della glutammina, come il rafforzamento del sistema immunitario, l’aumento del volume muscolare e un generale effetto anticatabolico nel muscolo, in particolare durante le fasi di recupero tra allenamenti e nel corso della notte, possono offrire benefici a lungo termine estremamente significativi.

Bibliografia: Antonio J, et al. The effects of high-dose glutamine ingestion on weightlifting performance. J Strength Cond Res 2002;16:157-160.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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23 ottobre 2012

Gli effetti antiossidanti della creatina

di Jerry Brainum

La creatina è senza dubbio uno degli integratori alimentari più efficaci. Sebbene la sua funzione principale sia servire da fonte di supporto del ripristino energetico per la sintesi di ATP nei muscoli, ha anche molte altre funzioni aggiuntive. Per esempio, la creatina può favorire l’eliminazione dell’acidità in eccesso nei muscoli, e ciò dovrebbe di per sé favorire il mantenimento della produzione energetica. Può anche essere coinvolta nell’effetto di volumizzazione della cellula, precursore dei processi anabolici cellulari, e può favorire la sintesi proteica muscolare.

Uno studio di qualche anno fa ha scoperto che la creatina può funzionare anche come antiossidante, proteggendo contro gli effetti distruttivi dei radicali liberi che sono prodotti costantemente durante il metabolismo dell’ossigeno.


Sebbene il corpo abbia dei meccanismi antiossidanti, come i sistemi del glutatione e del superossido dismutasi, a volte questi possono essere sopraffatti e noi abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile per proteggerci contro gli effetti nocivi dei radicali liberi. Lo studio ha scoperto in particolare che la creatina ha protetto in modo efficace contro l’assalto degli ioni acquei, una forma di radicale libero attiva in un ambiente acquoso come il sangue. La creatina è risultata invece  meno efficace contro i radicali liberi che attaccano le strutture grasse, ma per quello possiamo contare sugli antiossidanti liposolubili come la vitamina E e il beta-carotene che tutti gli sportivi dovrebbero assumere quotidianamente.

La notizia che la creatina ha un’attività antiossidante non è sorprendente quanto potrebbe sembrare di primo acchito. Uno dei precursori alimentari della sintesi della creatina nel corpo, l’amminoacido L-arginina, è di per se un antiossidante, anche se è un precursore immediato dell’ossido di azoto, un radicale libero che ha molti effetti positivi, compresa la stimolazione del tessuto erettile sessuale in entrambi i sessi. Quando confrontata con il glutatione, la creatina ha mostrato un’attività più debole, inducendo gli autori a dire che il suo ruolo come antiossidante è più di sostegno che primario.

D’altra parte, dato che la creatina si distribuisce in tutto il tessuto muscolare, può aiutare a proteggere le cellule muscolari dall’attività dei radicali liberi che si verifica durante l’attività fisica, riducendo la fatica muscolare e smorzando la disgregazione proteica. Quest’ultimo effetto è infatti dovuto allo stimolo dei radicali liberi di una sequenza di disgregazione muscolare conosciuta come il percorso dell’ubiquitina. L’effetto come antiossidante della creatina spiega anche perché può riuscire a curare alcune malattie neuromuscolari caratterizzate da un’ossidazione fuori controllo, comprese le malattie degenerative del cervello come la malattia di Huntington e la sclerosi laterale amiotrofica, detta anche morbo di Lou Gehrig.


Bibliografia: Lawler, J.M., et ali (2002). Proprietà antiossidanti dirette della creatina. Biochem, Biophysical Res Commun. 290, pp. 47-52.

Articolo tratto da “Applied Metabolics Volume 5“, pubblicato in Italia da Sandro Ciccarelli Editore. Tutti i diritti riservati.

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